italian version english version
Langheweb.com - Il portale delle Langhe e del Roero
LANGHE - ROERO - RICETTIVITÀ & INFORMAZIONI domenica 23 febbraio
 

LE INTERVISTE:
ROBERTO RABACHINO INTERVISTA ANGELO GAJA
Autore: Roberto Rabachino www.rabachino.com
Testata: Il Sommelier www.fisar.com
Foto: Oliviero Toscani

È difficile per un piemontese come me pensare di andare ad intervistare in esclusiva Angelo Gaja in terra di Toscana.
In una calda giornata di fine estate arrivavo a Cà Marcanda in Castagneto Carducci, prima di Bolgheri, ma ancora in provincia di Livorno, nella Toscana enologica che conta.
Il portone d’ingresso porta ai lati la scritta in bronzo indicante il nome dell’azienda. La vista passa in mezzo alle sbarre del cancello automatico e, incanalata da un vialetto tracciato da una siepe fatta da salvia e rosmarino, si definisce in un lastricato di pietre in continuità con la facciata della struttura misurata a lato da una composizione informe dall’aspetto ferroso.
Suono ed ad accogliermi ecco la brava Valentina Montanari - factotum dell’azienda - che mi spiega i perché di quei particolari esterni della tenuta. Particolari inevitabilmente curiosi dove il ferro arrugginito - voluto dal grande architetto astigiano Giovanni Bo - regnano in una sconvolgente logica. Valentina mi guida in questa analisi architettonica, preoccupandosi di farmi notare che qui, a Cà Marcanda, si è voluto costruire una cantina senza rovinare il paesaggio
"si è cercato di nascondere la cantina nella natura, per evitare che si vedesse qualsiasi particolare che potesse disturbare l’armonia del paesaggio. Anche le pietre - prima citate - sono tutte state trovate durante uno scavo, tagliate e messe a copertura dei muri esterni per avere un effetto più naturale e per mimetizzare la cantina nella natura, piuttosto che farla vedere; mimetizzarla al punto di ricoprirla di terra per poi piantarci sopra più di 300 ulivi, simbolo dell’agroalimentare toscano insieme alla vite.” Alle ore 14,30, puntuale come da appuntamento, ecco arrivare il grande Angelo Gaja. Un saluto cordiale ed eccomi affascinato nell’ascolto di questo grande uomo del vino.


L'esterno di Cà Marcanda - Foto O. Toscani

Dottor Gaja perché questa struttura, inusuale per un azienda vitivinicola?
Per far capire bene, mi permetta di cominciare da lontano.
Abbiamo cominciato a lavorare con l’Architetto Bo – ideatore di questa struttura - molti anni fa in Piemonte perché a Barbaresco avevamo bisogno di un ampliamento della cantina. Avevamo parlato con tanti architetti, tra cui uno di Torino, ma non era nato mai un feeling, non perché non fossero bravi loro, ero forse io ancora non preparato. Abbiamo così chiamato l’architetto Bo che mi era stato segnalato da alcuni amici. Avevamo bisogno, come detto, di un ampliamento dell’azienda piemontese, quella che avevamo non bastava più. Lui, prima di decidere se accettare l’incarico, è venuto diverse volte a visitare la cantina: penso volesse entrare nei meccanismi. Questo era nel 1987.
Ho avvertito in me una sensazione: lui poteva essere il mio uomo. Ho pensato: se volevo lavorare con quest’architetto bisognava che facessi di tutto perché lui entrasse maggiormente nel mondo del vino, nel mio mondo. Un modo poteva essere quello di cominciare a viaggiare assieme e andare a vedere qualche zona vinicola dove c’erano delle cantine. Allora siamo andati nel Bordolese - che è una zona di grande fama, di grande prestigio e dove c’è un insediamento numerosissimo di châteaux e di cantine costruite da tempo. Loro lavorano con la medesima mia filosofia. Adoperano solo i loro vigneti e vinificano solo le loro uve.
Quello è stato il primo viaggio seguito da molti altri in Europa e negli Stati Uniti, soprattutto in California dove abbiano un’azienda che si chiama Gaja Distribuzione. Dopo tutto è stato più facile. Per me e per lui. Era nato un grande feeling. Qui a Cà Marcanda, ci tengo che si sappia, sulla forma architettonica dell’azienda io non ho messo lingua. Io nell’amico architetto Bo ho una fiducia cieca. Pensate che mia moglie a volte mi dice che sono plagiato e qualche volte dice di essere anche un po’ gelosa del tempo che dedico a questo architetto di 70 anni. Io sono stato fortunato, perché ho trovato un professionista bravissimo nel suo settore, uno a cui piace essere sobrio, vagamente monacale, con una conoscenza straordinaria dei materiali e che non sprecherebbe mai neanche una lira dei miei soldi perché ritiene che lo spreco del denaro è contro la morale: io non posso far altro che ascoltarlo, aderire al suo pensiero creativo e fidarmi di lui.


Cà Marcanda - Foto O. Toscani

Lei si è sempre considerato un artigiano, ma che cos’è un artigiano per Angelo Gaja?
Io vorrei essere considerato un artigiano.
Vede, l’artigiano per me è un soggetto che ha consapevolezza di essere esperto in niente, ma conosce un po’ di tutto. Io conosco un po’ di viticoltura perché l’ho studiata a scuola; conosco un po’ di processi di vinificazione perché mi sono diplomato alla scuola enologica di Alba; conosco un po’ di economia perché mi sono laureato in Economia e Commercio all’Università di Torino; conosco un po’ di finanza, ma non sono un esperto. Non sono un esperto in viticoltura - ne sa molto di più il mio enotecnico Guido Rivella che lavora a Barbaresco dal marzo 1970 - però ogni tanto esprimo anche il mio parere. Così come so qualcosa di problemi sindacali ma non sono un esperto, di design ma non sono un esperto, di marketing ma non sono un esperto.
Allora il compito dell’artigiano, dell’imprenditore artigiano è quello di andare a pizzicare per ogni funzione un esperto, cercare di metterli assieme, fare in modo che non si ostacolino e non si facciano guerra l’uno con l’altro, creare un’armonia e dare degli entusiasmi, individuare una rotta, che poi può anche essere leggermente modificata, ma che non può essere capovolta.

Parliamo del perché di questa discesa a Bolgheri
Precisiamo che Cà Marcanda non è sotto Bolgheri ma ancora in provincia di Livorno, anche se non dista molto da Bolgheri.
In questa zona c’è una stata un’esplosione d’interesse. La fortuna di questa terra è principalmente dovuta ad un leader, colui che ha tracciato la strada, che ha acceso la lampadina qui in Maremma: Mario Incisa della Rocchetta. Personaggio ambitissimo non solo per il mondo vitivinicolo. Un esempio: pensate che nel periodo invernale – visto il clima mite – lui per primo ha portato qui i cavalli di razza a svernare seguito da tutti gli altri proprietari di cavalli da corsa importanti. Un vero trascinatore.
Tornando alla domanda, la mia venuta in Toscana è datata 1994. A Barbaresco stavamo pensando di ampliare nuovamente la cantina perché la richiesta di prodotto era sempre più marcata. Ci siamo detti: lasciamo stare momentaneamente Barbaresco così com’è, andiamo in Toscana. E allora siamo arrivati a Montalcino, a Pieve S. Restituita dove si producono ancora oggi due Brunello di Montalcino, il Rennina e il Signorello.
Quando siamo arrivati nel 1996 a Cà Marcanda qui nella zona c’erano 160 ettari piantati: oggi sono 900. C’è stata una crescita rapida, ma ancora più impressionante sarà la crescita in provincia di Grosseto. Calcolano che verranno piantati nell’arco di 4 o 5 anni vigneti nuovi che, insieme a quelli piantati 4 o 5 anni fa, porteranno a 5.500/6.000 gli ettari vitati, con la costruzione di qualcosa come 100/120 cantine: cosa mai successa in Italia.


L'interno di Cà Marcanda - Foto O. Toscani

E’ stata questa tendenza ad investire in Toscana a farvi decidere oppure c’è dell’altro? Si c’è dell’altro. Qui c’è tanto terreno e si può comprare abbastanza facilmente – anche se io ho avuto un po’ di problemi. Sta entrando sempre più maggiormente nella testa di chi decide di agevolare i trasferimenti dei diritti d’impianto e quindi certi vigneti se li togli da una parte li puoi trasferire qui; quindi perché non andare in una zona che ha vocazione, che si presta alle varietà internazionali senza comunque perdere rispetto e attenzione per le varietà autoctone. Le aziende che operano in campo internazionale hanno bisogno di confrontarsi con un gusto che sul mercato internazionale è già conosciuto, è già affermato; le varietà a base Chardonnay, Cabernet e Merlot possono essere vantaggiose dal punto di vista commerciale.

Oggi siamo in una impasse nella vendita del vino italiano pregiato. Impasse a detta di molti dovuto al costo eccessivo del prodotto di qualità al consumo. Cosa ne pensa Angelo Gaja
Colpa del costo eccessivo? Forse.
Comunque per me le ragioni sono da ricercare altrove. Stiamo passando un momento tormentato, le ragioni le sappiamo tutte.
Manca la fiducia, si sogna di meno.
Nelle analisi, poi, non viene ripetuta questa ragione che secondo me ha molto peso.
Questa ragione è la bolla speculativa che è scoppiata in borsa e che ha colpito tutti, in tutto il mondo. Tutti noi avevamo della disponibilità di cassa fino a 10 anni fa e le banche ci davano degli interessi. Poi a un certo punto hanno deciso di non darli più. Ed ecco il boom azionario, che è stato solo una grande bolla speculativa. Gonfiava, gonfiava. Qualsiasi titolo compravi il giorno dopo valeva di più. Non solo Cirio e Parmalat sono stati le cause della rovina. Molti per guadagnare di più hanno comprato i Bot dell’Argentina. Risultato: ripuliti tutti. Quei soldi, nella maggioranza dei casi, non servivano per mangiare. Però erano i soldi che ti eri costruito per una vecchiaia decorosa, erano investimenti di capitali. Erano i soldi per andare al ristorante e bere, magari, bottiglie di valore.
Ecco la causa è solo questa: non ci sono più i soldi per i vizi.

Vizi o piacere?
I vizi enogastronomici, vizi moderati naturalmente, sono il massimo dei piaceri.

Ritorniamo a Cà Marcanda. Perché la scelta, dopo Montalcino, è caduta nuovamente nel Gran Ducato?
La scelta è arrivata dopo l’annata del ’91, del ‘92 e del ‘93: annate disastrose come lei ben ricorderà. Disastrose per effetto degli eventi climatici.
Eravamo indecisi se acquistare una tenuta a Gavi, ma poi ho pensato di andare nuovamente verso terre dove c’è quasi sempre il bel tempo. Abbiamo così nuovamente optato per il bel tempo stabile: la Toscana.
E poi, è cambiato l’aspetto climatico in Piemonte. Chi avrebbe mai pensato che sarebbe arrivata quell’ondata di clima californiano con annate come il 1995, 1996, 1997, 1998, 1999, 2000 e 2001 mai viste nella storia? Non si ricordano annate simili consecutive nemmeno andando indietro nei secoli.

Barrique di Cà Marcanda - Foto O. Toscani

Sono dell’idea che ad un certo punto della nostra vita, dopo aver superato i 50 anni, c’è la necessità di guardarci indietro. Angelo Gaja prova emozione nel ripercorrere il passato?
Sono abbastanza portato a guardare avanti, perché mi sembra che avanti ci sia sempre un sogno da realizzare. Il mio passato è il Piemonte, le mie radici, la mia storia, la mia famiglia, il patrimonio delle conoscenze acquisite. L’aver distillato gli insegnamenti di mio padre. I miei ricordi dell’infanzia.
La prima volta che mi sono avvicinato a un bicchiere di vino.... penso di ricordarlo ancora, ero a tavola, avevo 6 anni, e mio padre mi mette - credo mangiassimo carne con patate e la condizione era che per mangiare le patate, di cui ero ghiotto, dovevo mangiare prima la carne - una goccia di vino nel bicchiere. Io l’ho portato al naso e mi ricordo di non aver sentito un bel niente.
Ma...chissà. Forse proprio in quel momento qualcosa cambiava nel mio dna. Poi, quando l’ho messo in bocca... uno schifo, l’ho quasi sputato perché io non mi aspettavo un sapore tannico o un’acidità così, io mi aspettavo qualcosa di dolce e di piacevolmente avvolgente.
Ci sono voluti molti anni per apprezzare questo nettare della natura. Mio papà mi metteva sempre una goccia nel bicchiere e io la lasciavo lì, fino a quando sono arrivato a 15/16 anni e ho cominciato a sorseggiare il vino mangiando. Anche quell’abitudine del vino a tavola e mai bevuto fuori pasto è un lascito del mio passato – io non bevo alcolici fuori pasto e sono abbastanza limitato sulle bevande alcoliche in generale, bevo solo un bicchiere di vino secco e principalmente rosso a pranzo e cena. Questo è frutto dell’educazione ricevuta da mio padre, di quei valori di sobrietà che con difficoltà ora racconto. Le virtù non vanno mai esibite.


Angelo Gaja con la famiglia - Foto O. Toscani

Lei ha una grande responsabilità: rappresenta il vino italiano nel mondo - Angelo Gaja uomo di successo
Io sono arrivato in azienda quando mio padre, il geom. Gaja, era già leader in Italia. Papà allora produceva 60 mila bottiglie ed aveva affermato il suo modo di fare vino. Il fatto di arrivare in azienda rispetto ai colleghi che hanno cominciato tutto da soli – mi vengono in mente i Ceretto e molti altri - mi ha agevolato: io sono partito già con le pantofole calde nei piedi.

Diciamo che le ciabatte erano calde, ma non erano ancora fuori dall’uscio. Mi pare che dagli anni ’60, anni che coincidono con il suo ingresso in azienda, lei ha dato una svolta decisiva alla politica aziendale
Ho beneficiato del momento, ho vissuto i 30 anni più straordinari della storia del vino.

Altri grandi ambasciatori del vino italiano nel mondo?
Molti. Vorrei parlare però, se mi permette, di un amico a cui tutti noi dobbiamo riconoscenza: Giacomo Bologna di Rocchetta Tanaro.
E' stato uno che ha saputo creare complicità. Un uomo meraviglioso. Le simpatie, le amicizie le faceva nascere a tavola. Metteva insieme gli umili con i potenti. I mediocri con le menti straordinarie. Si creavano delle complicità e lui le gestiva. Ha avuto anche lui la fortuna, come me, di trovare una moglie con i fiocchi. Anna Bologna, sua moglie, l’ha sempre sostenuto, l’ha sempre aiutato. Quando lui tornava dal suo girovagare per il mondo, lei era pronta ad accoglierlo a braccia aperte. Giacomo ci manca e la sua prematura morte è stata un grave danno per il mondo del vino.

Parliamo di Gaja e del suo rispetto per la dignità del vino
Questo insegnamento di rispettare la dignità del vino è un insegnamento che viene da mio padre che lo faceva già. Un insegnamento faticoso.
Per perdere la vendemmia ci sono mezzi diversi. C’è la grandinata che arriva nel campo, fulminante e in un attimo sei fregato. C’è poi una malattia, un po’ più lenta ma sempre breve, che sono 10 giorni di pioggia consecutivi prima della vendemmia come è successo nel 1992.
Poi ci sono annate come il ‘91 e il ’94. Annate difficili che non arrivano alla decenza. Hai una massa di vino che tieni in cantina, la segui nel processo di evoluzione, invecchiamento e maturazione. Speri ardentemente che riesca, il nebbiolo, a fare il miracolo. Poi però passa un anno e mezzo e vedi che il recupero non c’è stato. In quel preciso momento entra in gioco il rispetto per il vino. Devi aver coraggio. Allora decidi di buttare via tutto e ti accorgi che ti sei tolto un peso, che la sofferenza è finita e che, finalmente, ti puoi concentrare su altro. Ebbene questo è il rispetto per il vino.

Barbaresco è la moglie. Cà Marcanda è solo l’amante o qualcosa di più?
Non so se diventerà la moglie, però io a questo progetto credo. Probabilmente mi ha ringiovanito di almeno 10 anni perché mi ha dato degli stimoli nuovi. E poi a casa – dice sorridendo - sono tutti contenti perché così ogni mi tolgo un po’ dai piedi.

Però se dico Piemonte le brillano gli occhi
Il mio cuore rimane là, in Piemonte. Resisto a mettere una casa qua perché mi mette un po’ a disagio abbandonare la mia terra.

Gaja non ama i giornalisti come non ama mettersi in mostra alle grandi manifestazioni. Quando la vedremo di nuovo ufficialmente in qualche manifestazione con un proprio spazio?
Ormai gli spazi nelle Fiere vengono utilizzati solo come momento di mescita del vino.
Non sono così convinto di questi avvenimenti. Non dico che non siano utili, ma negli ultimi anni ho avuto l’impressione che sia diventati ingovernabili. C’era sempre la ressa di appassionati al nostro stand, di gente che non conoscevamo. Trascuravamo i nostri ristoratori, i nostri clienti abituali. Si arrabbiavano. Era diventata una cosa un po’ delicata.

Entriamo nelle vigne e nella cantina di Cà Marcanda. Quanti quintali di produzione per ettaro?
60. Quest’anno sono di più, perché nonostante il diradamento che abbiamo fatto, dopo ha piovuto e le uve sono gonfiate. Abbiamo tagliato il 50% e l’uva ha recuperato il 20.

Ettari di vigneto?
Abbiamo 100 ettari di vigneto.

La produzione annuale di bottiglie
La produzione di quest’anno credo si avvicini alle 350 mila bottiglie e arriveremo gradualmente a 500/550 mila bottiglie nell’arco dei prossimi 4 anni. Sempre nelle tipologie Promis, Magari e Camarcanda.

Parliamo del Promis
E’ un vino dal carattere solare con un ottimo riscontro nei ristoranti della quotidianità.
Tre varietà concorrono in questo vino: 55% di Merlot, 35 % di Syrah e il rimanente di Sangiovese. E’ un vino godibile ed elegante. Un vino che mi sta dando soddisfazioni.

del Magari
E’ stato scelto un nome che ha in sé un pizzico di spensieratezza, di allegria: un vino da compagnia.
Il 50 % di Merlot e la differenza in parti uguali di Cabernet Sauvignon e Cabernet Franc conferiscono a questo prodotto tutta l’espressione dell’alta Maremma, dove il Merlot esprime il frutto lussureggiante e il Cabernet evidenzia i sentori più ricchi.

concludiamo con il Camarcanda
Ho voluto dare a questo vino il nome della mia nuova cantina. In questo abbiamo cambiato le percentuali di varietà : sempre il 50 % di Merlot mentre il Cabernet Sauvignon arriva al 40% e il Cabernet Franc completa per differenza. Questo vino ha una struttura solida. In bocca è pieno, con espressioni di carattere minerale. E poi il finale: lungo, intenso con tannini setosi. Un grande vino.

Eccoci alla fine di questa lunga intervista. Cosa posso ancora dirle: grazie per la sua disponibilità e per l’onore di avermi concesso di intervistarla dopo tanti anni di silenzio davanti ad un taccuino.
Per me è stato un piacere.
Se mi permette, vorrei esprimere un desiderio in questo brindisi finale. Il desiderio è quello di potervi far provare sempre forti emozioni mentre degustate uno dei mie vini. Questa per me è la più grande felicità.


 

 

Mondo del Vino:
Produttori OnLine: link diretto in cantina...
Gli eventi:

Collisioni 2012
Eventi segnalati

Sport:

Golf nelle Langhe e dintorni

I formaggi tipici:

Bra DOP
Murazzano DOP

Da vedere:

Fondazione Ferrero
I Mercati di Cherasco

In evidenza:

La Strada romantica

Ambiente:

Edilizia sostenibile in Langa

scambiolink